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ASSAPORATE SOLO IL MEGLIO!

Chapter Hotel Roma

Parallelamente alla ricerca estetica e concettuale del nuovo ipotetico ristorante del momento, sta progressivamente facendosi strada un altro fenomeno in qualche modo connesso ma indipendente. Sono gli hotel questa volta i protagonisti, perché non è più la loro funzione di luogo di permanenza notturna, riposo fisico e mentale a fare da biglietto da visita, quanto un’articolata e molto più complessa struttura.

Se un tempo si parlava più di pensioni, garnì e alberghi – e usare la parola italiana sembra quasi rétro – oggi in qualche modo si sta recuperando il medioevale concetto di locanda ma attualizzato e ridisegnato, impreziosito nei dettagli e completato nell’offerta. Non vale più la pena progettare hotel senza un comparto food and beverage così come non ha più senso non puntare ad un decoro e un arredo caratterizzati da uno stile preciso, un gusto, un colore, la firma di un noto architetto.

È vero che l’obiettivo pragmatico resta sempre quella di avere un luogo dove trascorrere la notte in città diverse dalla nostra, ma questo spostarsi – che sia per piacere o per lavoro – prevede che ogni destinazione costituisca sempre più un’esperienza. C’è chi ci riesce meglio e chi resta indietro, chi ha messo a terra progetti ambiziosi ma non è riuscito a trasmetterli e chi invece è un campione in comunicazione e public relations. È l’esempio del Chapter Hotel Roma, un insolito ritrovo per stranieri in capitale alle porte del Ghetto, nel rione Regola, appena dopo a Largo di Torre Argentina e con il Tevere a pochi metri.

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Camminando si nota a malapena, dai toni scuri, gli infissi massicci, il velluto a terra così come negli arredi e una palazzina un po’schiacciata tra gli edifici un tempo sedi di laboratori, magazzini, botteghe. Ancora oggi questa zona è un reticolato di insegne storiche e piccoli negozi (Roscioli si trova letteralmente a tre minuti a piedi, Campo dei Fiori a cinque così come l’osteria Al Pompiere dall’altro lato), più o meno battuti dai turisti ma ancora capaci di trasudare italianità. L’atmosfera è quella di un boutique hotel urban-chic, con una predilezione per gli spazi comuni, social, potenzialmente vissuti tutta la giornata dal cittadino così come dall’ospite.

Ad aver pensato e realizzato questo concept è Marco Cilia, professionista con esperienza pluriennale nel mondo dell’ospitalità tra Stati Uniti e Inghilterra, rientrato in Italia proprio per lanciare questo suo nuovo brand. Un approccio poco conservativo rispetto alle tradizionali soluzioni romane e che punta piuttosto all’underground e all’arte contemporanea, coinvolgendo artisti, DJ, designers da tutto il mondo che infatti hanno disegnato parte degli oggetti e degli arredi comprese le palette cromatiche. L’approccio e l’impianto della comunicazione di questo boutique hotel consentono a chi segue da lontano di entrare a fondo nell’atmosfera Chapter, che strizza l’occhio al made in Italy con un tocco in più di glam e fascino.

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Le camere all’ultimo piano guardano i tetti del quartiere ebraico, abbracciano la storia di Roma offrendo allo stesso tempo la funzionalità e la pulizia degli ambienti moderni ed esteticamente sempre appaganti. Gli spazi sono giusti, le luci sono boutique, il bagno è sempre una scoperta, soggettiva in quanto a gusto e comfort, ma in questo casi indubbiamente riuscita. Dall’ultimo piano una scala a chiocciola conduce a Hey Güey, il rooftop in stile messicano dove oltre a una proposta cocktail votata all’agave potete ordinare ottimi totopos (da noi volgarmente chiamate tortillas) con guacamole e una buona selezione di tacos.

La vera sfida del Chapter Roma è quella del ristorante gastronomico Campocori, affacciato su strada, e guidato dal giovane Alessandro Pietropaoli. Prima alla Posta Vecchia con Michelino Gioia, poi da Antonello Colonna, un passaggio a Villa Crespi e Four Seasons fino alla capitale. La proposta qui è volutamente non tradizionale e anzi su punta al fine dining di impronta mediterranea con l’ambizione di offrire al cliente – specialmente straniero – una cucina più sofisticata e alternativa alle osterie romane legate alla tradizione delle paste e dei secondi da sugo. Una destinazione nella sua totalità particolarmente piacevole, specialmente per le nuove generazioni, ambiziose e amanti del viaggio, curiose di sperimentare e social oriented.

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