Le riflessioni e gli aneddoti di Mariella Organi, restaurant manager del ristorante Madonnina del Pescatore di Senigallia
Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo.
Oggi ne parliamo con Mariella Organi, classe 1968. Nel 2022 è stata proclamata MAM e inserita nell’Albo d’Oro dei Maestri d’Arte e Mestieri, miglior Maitre dell’Anno 2023 per le Guide dell’Espresso, miglior Servizio di Sala Ristoranti d’Italia 2022 Gambero Rosso, miglior Donna di Sala 2015 per Identità Golose. Dal 2017 fa parte del Comitato Scientifico di Alma Scuola Internazionale di Cucina Italiana per il settore ospitalità. Dal 1994 è socio e restaurant manager del ristorante Madonnina del Pescatore di Senigallia e del gruppo Cedroni.

Cara Mariella, come hai iniziato questa professione e perché?
Mariella Organi: Ho iniziato per potermi mantenere gli studi e per essere indipendente. Il fratello e la sorella di mio padre avevano attività di ristorazione e da bambina mi capitava di passare qualche giorno da loro, di rimanere affascinata da quegli ambienti e dai loro ospiti. Ho sempre pensato che quel lavoro avesse reso questi miei zii particolarmente intelligenti e aperti. Ricordo gli anni in cui ho lavorato e studiato ricchi di energia e positività.
Il tuo bilancio di questi 30 anni di carriera qual è?
Mariella Organi: Assolutamente positivo, abbiamo contribuito a cambiare la cultura adriatica, siamo diventati un riferimento di eleganza e di affabile professionalità, uno stile fatto di empatia e complicità inserito in un rarefatta cornice minimalista. Abbiamo formato e inspirato i nuovi protagonisti di questo settore che ora lavorano in Italia e all’estero. Sono stati anni di grande responsabilità, di dedizione assoluta, di attenzione e di misura.


Hai degli aneddoti, curiosità, episodi che ti piacerebbe condividere con noi?
Mariella Organi: Ricordo perfettamente quando dopo aver pagato il conto, si presentò con un biglietto da visita un ispettore Michelin. Mi chiese gentilmente una copia del menù e si congedò. Era la primavera del 1995. A novembre facevamo vacanza ed eravamo in Borgogna per visitare cantine e ristoranti: Blanc, Lameloise, Loiseau. A casa arrivò il telegramma con la comunicazione della prima stella Michelin, eravamo increduli e sorpresi, mai avremmo sperato che potesse accadere a noi, microscopici di fronte alla grandeur dei ristoranti che stavamo ammirando.
Adesso ti chiediamo un ricordo… il ricordo di un grande uomo o una grande donna di sala che ti ha impressionato, nel tuo lungo girovagare per ristoranti, e perché ti ha impressionato.
Mariella Organi: I miei primi grandi maestri sono stati in assoluto tre donne protagoniste degli anni ’90: Livia Iaccarino, Renata Fugazzi e Emanuela Pierangelini. Donne eleganti, consapevoli del ruolo dell’accoglienza, solide nella conduzione di queste grandi case, già allora molto attente alla comunicazione del fine dining e dei movimenti turistici. I loro ristoranti erano meravigliosamente curati, caldi, ricchi di dettagli estetici esclusivi.
Poi Antonio Santini, servizio maniacale e invisibile, colto e ironico, indipendente dalle tendenze, uno degli uomini che più ha saputo dare valore alla professione e creare relazioni internazionali. La mia sala ideale tra quelle contemporanee, quella di Cristiana Romito, per rigore, coerenza e attenzione agli ospiti.
La domanda più curiosa, pertinente e intrigante che ti ha fatto un cliente? E cosa hai risposto?
Mariella Organi: Appena dopo la pandemia, un uomo d’affari mi chiese perché il ristorante fosse rimasto qui nelle Marche e non avessimo pensato di spostarci su città più importanti. Di getto ho risposto che qui siamo liberi, le persone vengono qui per noi, qui si vive molto bene, in equilibrio con il tempo e il paesaggio.