Simbolo dell’enogastronomia italiana nel mondo, la pasta italiana è tutt’oggi uno degli alimenti più amati, acquistati e discussi del nostro Paese.
C’è un popolarissimo vocabolo italiano che definisce un «alimento a base di semola o farina di diversa origine seccato o usato fresco e tagliato in vari formati», un termine che non necessita di traduzione in qualsivoglia altra lingua. Sarà perché l’italianità della pasta è talmente conclamata, radicata e inscalfibile a cominciare dal suo stesso nome? Di certo ridonda sottolineare come ovunque nel mondo incarni il sempiterno emblema del Bel Paese e della nostra cultura gastronomica, indiscussa protagonista dei più noti, ghiotti e replicati classici culinari nonché delle vicende socioeconomiche nazionali, oggi come non mai.
Fiera espressione dell’essenza primordiale del mondo agricolo, la pasta nelle sue multiformi declinazioni riverbera anche lo spirito del popolo a cui più indissolubilmente è legata, gli italiani. Gli stessi avidi consumatori che tanto ferventemente la amano e alla quale tanto devono, la pasta che orgogliosamente celebrano e per la quale addirittura insorgono, tesi ed inflessibili come uno spaghetto crudo che rischia però di spezzarsi a causa della sua stessa fragile rigidità.
Il dibattito sul sempre crescente prezzo della “pasta delle polemiche” nutre di frustrazione il gesto naturale di milioni di famiglie che quotidianamente acquistano al supermercato rigatoni, mezze penne e fusilli, puntando costantemente i riflettori sull’odioso rincaro che appesantisce lo scontrino e la cui martellante eco riempie il carrello di una certa esasperazione, conseguendo l’ovvio risultato di mettere pericolosamente in dubbio – forse fin troppo? – la più viscerale qualità della pasta italiana: la sua democraticità.
Magari consolerà, fosse solo per un momento, ricordare che con il classico pacco da un chilo, sia pur rincarato al costo medio di 2.13 euro, ancora si servono almeno 10 primi piatti. Una resa ottima che pochi altri alimenti possono vantare e che si esalta nell’innata capacità della pasta di appagare chiunque – infinite le possibilità di cucinarla, illimitate le opzioni sulla forma e soggettiva persino la scelta del perfetto tempo di cottura che, come tutto il resto, rispecchia un canone soltanto: il gusto personale.
La pasta italiana è libertà: che ci troviamo di fronte alla cottura (fondente nell’anima, al dente, al chiodo) o al condimento occorre continuare ad apprezzare a un costo comunque contenuto l’immenso potenziale di questa eccellenza nostrana. Confidando che le tensioni si ammorbidiscano come lo spaghetto crudo tra i bollori dell’acqua si decontrae, rinascendo plastico e versatile nell’intreccio con altri ingredienti, dai più semplici e spartani, nella creazione di un unicum che vale molto più della somma delle sue parti.