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Braci, un omakase italiano a Singapore

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L’alta cucina italiana trova una casa accogliente nel Sud-Est asiatico. Da Braci, ristorante a Boat Quay affacciato sul fiume di Singapore, lo chef Matteo Ponti offre un’esperienza di omakase legata ai sapori del Nord Italia.

Nella vivace Boat Quay di Singapore, banchina costruita come parte del vecchio porto della città, oggi si trovano schiere di locali e ristoranti che, con i loro dehors e terrazze, offrono agli ospiti una vista impagabile sul fiume che porta il nome della città, su Marina Bay con i suoi grattacieli e le celebri tre torri dell’hotel Marina Bay Sands.

Tra le costruzioni a schiera trova dimora Braci, ristorante di alta cucina italiana guidato dallo chef piemontese Matteo Ponti e di proprietà del gruppo Il Lido, del ristoratore Beppe De Vito. Cresciuto a Trecate in provincia di Novara, da una famiglia originaria della Brianza, chef Ponti vive a Singapore da dieci anni e propone una cucina legata alle sue radici familiari e gastronomiche.

Da Braci, infatti, va in scena l’omakase all’italiana di Singapore, realizzato nell’intima sala del ristorante dove non ci sono barriere tra la cucina e i tavoli, a cui si accomodano 30 commensali per volta. Il dialogo con lo chef e i movimenti della brigata permettono di calarsi appieno in un’atmosfera accogliente, dove la dimensione conviviale è naturalmente parte della degustazione. Al piano superiore, una terrazza panoramica circondata da imponenti grattacieli illuminati consente di mangiare all’aperto con una romantica vista sul fiume e la marina.

Il menu è costruito sulle tradizioni gastronomiche delle campagne del Nord Italia e riprende le memorie gustative dello chef, fatte di pranzi in famiglia e ricette tipiche, che si mescolano a influenze asiatiche con l’impiego di tecniche e ingredienti locali. Unica eccezione al concept “nordico” è il pane di Altamura, in arrivo due volte a settimana dalla Puglia con una cottura al 70%, terminato sulle piastre della cucina, da accompagnare a un olio di Bitonto pungente e leggermente piccante.

Da Braci non esiste una vera e propria carta con l’elenco dei piatti, ma gli ospiti hanno a disposizione un QR code per leggere gli ingredienti che andranno a degustare nel corso della serata, tutti rigorosamente stagionali. Il tasting varia ogni tre mesi, ma alcune ricette ruotano più velocemente poiché incorporano ingredienti micro-stagionali, disponibili al mercato solo per un breve lasso di tempo.  

Il preludio è affidato a tre snack che portano sulle Alpi, dall’ovest all’est, partendo con una versione salata del Mont Blanc composta da una meringa di dashi racchiusa da un paté di castagne del Lago d’Orta, del foie gras e una gelatina di Ratafià (liquore alle ciliegie di Bra). Si passa poi dalla Valtellina, terra dei parenti dello chef, con un omaggio orientale ai pizzoccheri sotto forma di tartelletta al grano saraceno, con aioli di aglio nero, kimchi al cavolo verza e una mousse di Casera. Infine, la tappa è in Friuli con una trota del Tagliamento affumicata a freddo, completata con crema di burro alpino, uova di trota affumicate e scalogno sott’aceto.

Tra i primi proposti da Matteo Ponti la pappardella, in autunno tradizionalmente servita insieme ai funghi, da Braci diventa un modo per sperimentare con i cardoncelli coltivati indoor a Singapore. Cotti nel beurre noisette e poi passati sulla griglia, accompagnano la pasta fatta in casa con riduzione di costine di maiale. Guanciale croccante, fiori di ibisco e olio al dragoncello completano il piatto. Per i più fortunati ci sono dei fuori menu come i Plin ripieni al brasato di biancostato, serviti con fonduta di Parmigiano 36 mesi e burro nocciola.

Tra le portate principali il trevally (o carango), pesce in arrivo dalla prefettura giapponese di Kumamoto, matura per sette giorni prima di essere cucinato rapidamente, in modo da mantenere la pelle croccante e permettere al grasso intramuscolare di sciogliersi. Nello stesso piatto trova posto una zucca di Mantova preparata con tre diverse tecniche: fermentata, ridotta in purea dopo la cottura sulla cenere, e sott’aceto.

La conclusione del percorso riporta alle giornate d’autunno che lo chef Ponti passava in cucina con la madre a preparare la torta di pere. Così il dessert è uno zabaione con pera nashi cotta lentamente con caramello al limone, accompagnata da un gelato al grano saraceno e una ganache di miso rosso e cioccolato biondo. Per la piccola pasticceria, con un “tuchelin di Grana” in omaggio al padre dello chef, il passaggio d’obbligo è sulla terrazza panoramica di Braci. Per godersi, almeno una volta nella vita, l’alta cucina italiana tra lo skyline di una delle città più in fermento del continente Asiatico.

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