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Volontari con la toque: gli aiuti degli Chef volontari nelle emergenze

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Ogni volta che la terra trema o un fiume esonda gli chef volontari lasciano i loro ristoranti e corrono sul luogo dell’emergenza a far ciò che sanno fare meglio: cucinare.

In queste settimane sono impegnati a Campi Bisenzio e negli altri Comuni della piana fiorentina per far fronte all’alluvione di inizio novembre, ma negli ultimi anni sono stati impiegati ad Amatrice e nelle città dell’Italia centrale devastate dal terremoto del 2016, così come nei territori dell’Emilia-Romagna inondati pochi mesi fa, nell’Umbria e nelle Marche scosse dal sisma nel ’97 o durante la tragedia di Rigopiano nel 2017.

Gli chef volontari vanno ovunque ce ne sia bisogno, perché in contesti di crisi, riuscire a sfamare chi lavora e chi è rimasto senza casa è per i soccorritori una priorità assoluta. Tra di loro ci sono chef provenienti dalle esperienze più diverse, dagli stellati ai cuochi delle mense, da chi cura la banchettistica fino alla ristorazione alberghiera.

Sono circa un migliaio, i cuochi italiani “prestati” alla Protezione civile che si attivano non appena scatta l’allarme: raggruppati nel Dipartimento Solidarietà Emergenze della Federazione italiana cuochi, dal 2016 danno il loro contributo in maniera tutt’altro che amatoriale. Ognuno di essi ha ricevuto una formazione specifica per gestire situazioni di calamità, e i “volontari con la toque” si muovono sul campo con la competenza di un vigile del fuoco. A loro è demandato un compito spesso sottovalutato: attraverso il cibo, dare conforto al corpo e allo spirito di chi ha perso tutto.

Ecco perché gli chef che intervengono nei contesti di disastri ambientali sono chiamati a fare ben più che un piatto di pasta: il loro compito è realizzare pasti per i soccorritori e le persone in difficoltà, evacuati dalle case o impossibilitati a usare la propria cucina.

Spesso le pietanze che vengono preparate nelle strutture da campo richiamano le caratteristiche delle singole località: “Ad Amatrice – conferma il presidente nazionale Roberto Rosati, che è anche direttore di una villa per ricevimenti nel Lazio – abbiamo preparato gricia, amatriciana o coda alla vaccinara. Abbiamo dato più spazio a piatti di carne perché gli abitanti di quelle zone erano poco affini alle pietanze di pesce. In altre situazioni come in Emilia-Romagna, invece, abbiamo dato spazio a diversi risotti.

Poi molto dipende anche dalla provenienza delle squadre di soccorso: gli chef lombardi usano molto formaggi come il Castelmagno, mentre quelli delle regioni del Sud fanno ampio uso di pasta all’uovo. Con loro in azione, non è inusuale vedere serviti piatti come gli scialatielli ai frutti di mare. In generale – continua Rosati – le paste non mancano mai, e ne offriamo sempre almeno due o tre alternative.

Una squadra si occupa specificatamente di allergie e intolleranze alimentari, abbiamo una persona che si occupa proprio di questo, mentre in certi contesti grande attenzione viene data ad accontentare i palati di cittadini extracomunitari o la cui dieta è influenzata da particolari vincoli religiosi. In territori ad alta densità di stranieri, abbiamo preparato piatti specifici, ad esempio senza carne di maiale”.

Gli chef volontari del Dipartimento emergenze e solidarietà adoperano un sistema simile alle mense scolastiche, per cui ogni giorno preparano pietanze diverse, scelte anche a seconda della stagionalità. “In un contesto come quello di Rigopiano – conferma ancora Rosati – zuppe, vellutate e polenta erano all’ordine del giorno. Inoltre, spesso alcuni tipi di emergenze si prolungano nel tempo e arrivano a durare interi mesi: in questi casi cerchiamo di dar vita a una cucina che si occupi del benessere delle persone, oltre ad alimentarle, strutturando una dieta settimanale. A ciò si aggiunge comunque il nostro estro: anche nelle cucine da campo, qualsiasi piatto viene arricchito da un tocco di professionalità da parte di chi lo prepara”.

Ecco perché anche il tipo di chef coinvolti cambia a seconda dell’emergenza: “In prima battuta chiamiamo chi è abituato a lavorare sulle grandi quantità – conclude Rosati – oltre che sulla qualità delle pietanze. Prima partono quelli che si occupano di mense e banchettistica, poi si aggiungono le altre tipologie di cuochi presenti nell’associazione, fino ad arrivare alla ristorazione ordinaria”.

Questo esercito di chef volontari conta anche nomi importanti, dallo chef Gennarino Esposito (La Torre del Saracino a Vico Equense) al presidente onorario della FIC Enrico Crippa (Piazza Duomo ad Alba). In Toscana, a lavorare fianco a fianco con chi ancora spala fango c’è invece la chef Maria Probst (Torre a Cona, a Bagno a Ripoli), con un passato da stellata. Insieme ad altri colleghi della sezione regionale come Nicola Schioppo e a volontari come gli chef Gabriele Andreoni ed Elisa Masoni, ogni giorno sfornano a Sesto Fiorentino circa 800 pasti caldi e li consegnano a chi ne ha bisogno, in primis a quelle famiglie ancora senza luce né acqua.

Quella del Dipartimento emergenze e solidarietà degli chef volontari è una struttura che pochi conoscono, nel nostro Paese, ma che a livello internazionale è stata riconosciuta come un’eccellenza dall’organismo internazionale della categoria, la “World chef without borders”. Il suo presidente asiatico e mondiale, lo chef thailandese Willment Leong, ha definito quella italiana l’associazione nazionale meglio strutturata, proprio perché i suoi aderenti partecipano costantemente a corsi di formazione e possiedono strutture come un container in grado di sfornare 1000 pasti alla volta. “Non siamo solo cuochi professionisti – conferma ancora Roberto Rosati – ma siamo stati formati per gestire le emergenze, con tanto di esercitazioni sul campo”.

E dal 19 al 21 novembre il dipartimento degli chef volontari darà vita all’Emergency food contest all’interno della mostra di Oltremare, a Napoli, in un contesto delicato per la Protezione civile come quello dei Campi Flegrei alle prese con frequenti scosse di terremoto. Saranno coinvolte quattro squadre con altrettante cucine da campo, che saranno chiamati a realizzare un piatto di qualità per 150 persone attingendo da una tenda gli ingredienti a sorpresa.

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