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Cosa mangiare a Pavia e dintorni

Viaggio nell’Italia dei sapori: cosa mangiare a Pavia e Oltrepò pavese, per scoprire un territorio unico, ricco di storia e di enorme valore enogastronomico.

Da Taranto, la città dei due Mari, nel nostro saliscendi sullo stivale, risaliamo la Penisola fino al cuore della Pianura Padana, nella provincia di Pavia, terra di ottimi vini e con una proposta culinaria di solide e antiche tradizioni.

Lomellina, Pavese e Oltrepò rappresentano luoghi di grande storia gastronomica, una storia che si interseca principalmente con quella del territorio: il riso e i vini sono i protagonisti dell’enogastronomia pavese. La provincia di Pavia, con oltre 80.000 ettari di risaie, è la prima in Italia per la produzione di riso, concentrata soprattutto nella zona della Lomellina.

Il tranquillo paesaggio e i grandi specchi d’acqua che lo caratterizzano, quando le risaie sono allagate, non sono “naturali”: tutto è stato costruito, trasformato e organizzato dall’uomo con infinita pazienza. Per natura questa terra ricca di corsi d’acqua e di risorgive è stata per secoli in parte paludosa e in parte arida a causa di numerosi dossi sabbiosi di origine eolica, ma le comunità di monaci nel Medioevo, la colonizzazione feudale e le grandi riforme agronomiche introdotte dagli Sforza, che sperimentarono la coltivazione del riso, hanno fatto della zona un mosaico di fertilissimi campi.

Al servizio di questa estensione di coltivazioni è stato organizzato un complesso sistema di rogge e canali e sono sorte le cascine, prima fortificate con castelli a loro difesa, poi a corte chiusa, tipici insediamenti dell’agricoltura industrializzata della Pianura Padana. Il riso fu importato in Italia dagli Arabi che lo introdussero in Sicilia nell’VIII secolo, da qui arrivò in Lombardia nel ’400, grazie a Galeazzo Maria Sforza.  L’Oltrepò, al confine con la Liguria e a sud rispetto al corso del fiume Po, è da secoli un’area vinicola di pregio: il Barbera, il Bonarda, il Moscato, il Pinot grigio e il Pinot nero sono alcuni dei D.O.C. locali.

Anche la carne di maiale figura tra le eccellenze pavesi, grazie a salumi come il “Salame di Varzì”, al cotechino e al sanguinaccio; un discorso a parte va riservato all’allevamento dei bovini di razza Varzese, unica specie autoctona della Lombardia, da poco di nuovo presente in questa provincia. Il salame di Varzi è un’eccellenza a marchio D.O.P. e un prodotto tradizionale della Valle Staffora. La qualità e la genuinità del Salame di Varzi dipendono esclusivamente dal rigoroso rispetto da parte di abili artigiani salumieri dell’antica ricetta, unita alle condizioni climatiche del territorio dell’Oltrepò Pavese montano. Il microclima derivante dall’incontro dell’aria della Pianura Padana con quella proveniente dal mare permette a questo insaccato un’eccellente stagionatura.

Oggi la produzione del Salame di Varzi segue le stesse ricette e procedimenti di un tempo. Sebbene si sia dato spazio all’utilizzo di attrezzature più moderne, si può affermare con fierezza che la produzione dell’insaccato avvenga ancora secondo tradizione.

Fra i piatti da mangiare a Pavia, propri della sua tradizione, non possiamo dimenticare il risotto alla vogherese, preparato con i peperoni di Voghera, che diversamente da quanto si possa pensare, sono dolci, non piccanti ed estremamente digeribili. Il peperone di forma cubica, in genere con quattro coste, dal colore verde chiarissimo, in fase di maturazione avanzata vira al giallo con striature arancio, è un prodotto del territorio che dopo un periodo di abbandono è stato recuperato divenendo “Presidio slow food”.

Un tipico prodotto della tradizione contadina da mangiare a Pavia, servito in Oltrepò come antipasto, sono i ciccioli. Un salume saporito ricavato dal lardo e che ha la forma di piccole palline. Oggi, nella preparazione, possono essere utilizzati anche le parti più pregiate del suino, come pancetta e gola, e vari aromi, dall’alloro alla noce moscata.

Per quanto riguarda i dolci da mangiare a Pavia e dintorni non possiamo non considerare le brasadé sono le tipiche ciambelle burrose dell’Oltrepò Pavese rigorosamente fatte a mano. Il segreto della loro prelibatezza è nella doppia cottura: prima vengono bollite e poi passate nel forno a legna. Da qui il nome brasadé, ovvero “cotto due volte”. Nel 2006 hanno ricevuto la certificazione De.C.O. (Denominazione Comunale d’Origine) considerati dei veri e propri spezza fame fin dall’800 venivano legati insieme con uno spago in file da 11 e la tradizione non è cambiata: 5 ciambelle sono infilate con la parte piatta rivolta nello stesso verso e le altre 5 con la parte piatta in verso opposto, undicesima viene usata come fermaglio.

A questo dolce si consiglia di abbinare un Moscato passito, vino dolce e delicato, un DOC ottenuto da vitigni Moscato bianco e Malvasia di Candia, un vino espressione del territorio, eccellenza tra ambiente e cultura.

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