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Alessandro Tomberli: i figli di Masterchef e i lieviti indigeni

I ricordi e i racconti di Alessandro Tomberli, Restaurant manager del Ristorante Enoteca Pinchiorri.

Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo.

Oggi ne parliamo con Alessandro Tomberli, Restaurant manager del Ristorante Enoteca Pinchiorri.

Alessandro Tomberli

Caro Alessandro Tomberli come hai iniziato questa professione e perché?

L’ho iniziata per caso… come avviene per tutte le cose belle della vita, quando le cerchi e le rincorri non ce la fai mai, poi quando non ci pensi, ecco che avviene. Dovevo scegliere una scuola dopo le medie, ho scelto un istituto professionale per sbolognarmi gli studi in fretta… tre anni e via. Ho scelto l’alberghiero dietro consiglio di un amico (che tra l’altro non ha continuato) poi mi è piaciuto, ho avuto un insegnante di Sala-Bar che coinvolgeva e ti faceva apprezzare quello per cui studiavi.

Un giorno in autobus, una amica (liceo scientifico) mi chiede “Che scuola fai?”, e io “Alberghiero Sala-bar”. E lei dice “non pensavo bisognasse studiare per fare il cameriere”… odiosa. Però durante le stagioni estive ci si divertiva da matti; zero giorni liberi, servizio a colazione, pranzo, cena. E la notte disco e spiaggia, che tempi!

Il tuo bilancio di questi 40 anni di carriera qual è?

Sono soddisfatto, ma non mi sento arrivato, è stato un lungo percorso. Sono arrivato all’Enoteca Pinchiorri a 17 anni, una delle mie prime mansioni, tra le tante, era quella di pulire i posaceneri…. Con Pinchiorri ho parlato dopo tre giorni che ero all’Enoteca… mi disse “Sappi che l’Enoteca c’era, c’è e ci sarà, con te o senza di te”.

Mi son detto, sicuro di voler restare? La fine la sapete, sono restato, sono cresciuto, ho imparato, sto insegnando e continuiamo a crescere insieme. Durante il servizio c’è un copione da seguire, ma tra riga e riga ce n’è una vuota da scrivere tutte le sere in modo diverso. Ci si stanca ma senza annoiarsi. Si lavora divertendosi e ci si diverte lavorando. Ma non sono tutte rose e fiori, è un lavoro che ti occupa gran parte del tempo e se lo riesci a fare devi ringraziare la famiglia che accetta tutto questo e ti permette di farlo.

Hai degli aneddoti, curiosità, episodi che ti piacerebbe condividere con noi?

SITO2 10 Alessandro Tomberli: i figli di Masterchef e i lieviti indigeni

Serata invernale, tavolo prenotato per 8, ma arrivano in 7, tre coppie e un single, tutti dell’Est Europa. Ognuno ordina per proprio conto, una donna (bellissima) pasteggia a Jagermeister, l’altra (altrettanto bella) a limoncello, uno beve Krug, l’altro Musigny, sembrava la torre di Babele. A un certo punto della serata il single mi chiama e, siccome la sua “ragazza” non si era presentata, mi chiede se poteva avere una mia cameriera a sua disposizione… che roba! Quello che gli ho risposto non è pubblicabile.

Adesso ti chiediamo un ricordo… il ricordo di un grande uomo o una grande donna di sala che ti ha impressionato, nel tuo lungo girovagare per ristoranti, e perché ti ha impressionato.

Ci sono personaggi di “Sala” a cui ti ispiri, o comunque fai riferimento perché sono una guida per i giovani; almeno per me ai tempi di quando ho iniziato. Adesso si chiamerebbero influencer? Boh! Comunque quando sentivo parlare di Sala negli anni ’80 ricordo quattro personaggi: con uno ci lavoravo insieme, Giorgio Pinchiorri, l’altro è Antonio Santini, poi Sirio Maccioni e per finire un personaggio carismatico come Jean Claude Terrail, da cui ho imparato che il servizio in sala si basa sull’eleganza e sulla classe; capire in un attimo chi si ha davanti e comportarsi di conseguenza.

Avevo sempre voluto sapere come veniva assegnato quel tavolo/vetrina della Tour d’Argent dal quale sembra di toccare Notre Dame de Paris, quindi glielo chiesi. Pensavo ci volessero mesi di prenotazione, amicizie particolari o bustarelle. No, mi rispose, semplicemente alla coppia più bella, quella che anche per andare a cena ha impiegato del tempo per prepararsi, per scegliere il vestito, come andare a teatro o a un ricevimento istituzionale.

La domanda più curiosa, pertinente e intrigante che ti ha fatto un cliente? E cosa hai risposto ?

La domanda era talmente curiosa che non l’ha capita nemmeno chi l’ha fatta: figlio di Masterchef, assunto “a tempo” da una testata nazionale per fare visite e articoli nei grandi ristoranti; si siede e chiede se abbiamo un Franciacorta, dico sì ,certo, ma lui “sì, ma io ne vorrei uno biodinamico, con lieviti indigeni a fermentazione spontanea”. Risposta: “Cavolo, adesso in pronta consegna con questi accessori non ho niente, ne ho uno di seconda sorsata, unico proprietario, tenuto sempre in cantina, come nuovo”. Reazione: silenzio.

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