“Non so cos’è un supervisor ma ritengo che un campione abbia bisogno di un tutor”.
Gianni Mura: vita e disguidi fortunati
Se è vero che le grandi casualità sono fautrici degli avvenimenti più interessanti, a 19 anni nella redazione della Gazzetta dello Sport, Gianni Mura doveva essere solo di passaggio, ma per caso vi è rimasto.
Amante del vino, degli anagrammi e dei film di Jack Lemmon, Gianni Mura è stato un giornalista, scrittore, suiveur del Giro di Francia ma soprattutto uomo di idee. Una penna eccellente insignita di molti premi giornalistici come l’Antoine Blondin, la cui vittoria era stata esclusivo appannaggio francofono fino a quel momento.
Con la sua Olivetti 32 batteva a macchina durante le conferenze stampa senza preoccuparsi troppo di fare rumore ma al contrario: “Siete voi a infastidirmi con il vostro grande silenzio”. Sagacemente dissacrante oltre ogni ragionevole dubbio e politicamente scorretto, per Mura i modi di dire erano comunque preferibili agli inglesismi, fuggiva dai social perché diceva: “Non bisogna perder tempo a sentire le opinioni di Orchidea ’91”.
Mura è stato un cronista italiano che ha raccontato dei grandi campioni del ciclismo ma soprattutto, non si è lasciato trascinare nel gorgo del perbenismo restando un professionista dalle opinioni forti. Ha sempre scelto con cura le parole da utilizzare, anche dove sembrava che fossero state lasciate al caso. Ed è stato un grande gourmet e un grande cantastorie di cibo, unico forse per stile e per intensità.
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