“Ne cammini le vigne e sei colto, come per magia, dalle note di chi ci visse”.
Luigi Veronelli: la nascita de Il Gastronomo
Luigi Veronelli, classe 1926, è stato uno, centomila, ma mai nessuno. Antesignano dei diritti contadini, decano dei palati fini, noumeno del mosto, giornalista e scrittore.
La sua formazione inizia a Milano studiando filosofia che sebbene faccia girare il mondo tale e quale, ha contribuito a forgiare il pensiero veronelliano che è poi diventato atti, parole, patrimonio della scrittura. A lui va la paternità di neologismi e arcaismi ripescati nel mare magnum dei costrutti grammaticali italiani e piazzati di diritto nell’uso comune del giornalismo enogastronomico.
Di un’incrollabile fede ateista, il suo credo giornalistico gli ha permesso di perseverare in una delle più ambiziose missioni in campo enologico. A Veronelli si devono le opere che hanno catalogato i vini italiani, gli oli, acquaviti, spumanti e champagne. Un tacito patto tra lui scrittore e il popolo italiano lettore siglato anche con la fondazione della rivista Il Gastronomo nel 1956 e di una propria casa editrice nel 1989. Maestro di tanti, anche del nostro direttore Andrea Grignaffini.
Sovversivo gastronomico e soldato di Chagall, Luigi Veronelli subì il fascino di una dirompente anarchia che lo spinse a combattere per far prevalere la natura morale su quella materiale. La sua ideologia conclamava un profondo sdegno verso gli imbottigliamenti americani in serie che lo spinsero a schierarsi al fianco dei piccoli produttori locali, marciando nelle vigne francesi in nome del vino che è, come ricordano scrittori e predicatori, la parte filosofica di un pasto.
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