Uova, latte, grana padano e un velo di noce moscata: l’ancestrale Mariconda, corroborante minestra a base di pallotte di pane raffermo bagnato nel latte, insaporite con Parmigiano e cotte nel brodo di carne, è figlia della cucina contadina più povera.
Origini e storia della Mariconda
Di paternità contesa tra bresciani, mantovani e bergamaschi, tutt’ora apprezzata sulle tavole lombarde più tradizionali resistendo all’avvicendarsi dei tempi, la Mariconda ha finito per incontrare il genio anticonformista di un talentuoso chef che ha scelto di riconcepirne le potenzialità in chiave contemporanea, partendo da un’audace provocazione: “E se quella ricetta così semplice e così storica facesse migliaia di chilometri per tornare indietro con una nuova veste?”.
Questa è la domanda che si è posto Eugenio Boer, patron del Bu:r di Milano, invitando la Mariconda ritrovata nelle pagine di un libro dedicato alle ricette lombarde dell’Ottocento, a uscire per profondersi in un viaggio sino in Estremo Oriente. Un avventuroso percorso di riscoperta e trasformazione che è pure una celebrazione della gastronomia italiana di origine più umile.
Dal Ramen, zuppa principe del Sol Levante, la Mariconda di Boer mutua il brodo che viene fatto come l’originale, ma con ingredienti che la devozione dello chef all’italianità delle materie prime non può che individuare nei mari e sui territori nostrani; così al posto dell’alga kombu interviene la salicornia e la lattuga di mare; ci sono poi melanzane, rape, patate della Sila e carote di Polignano a Mare.
Gli stessi vegetali diventano una sorta di katsuobushi vegano, essiccando per essere poi infusi nel brodo, donando al liquido uno spessore simile a quello dei brodi a base di carne. Le verdure utilizzate per il brodo vengono disidratate rinascendo in una sorta di Furikake 100% made in Italy che dentro ha semi di sesamo nero di Ispica e peperone crusco della Basilicata. Poi l’uovo. Boer sceglie l’uovo di Selva di Morbegno, un’eccellenza gastronomica lombarda quasi onnipresente nelle sue creazioni che, invece di essere marinato, cuoce leggermente con il calore del brodo versato, mentre l’alga nori cede il passo al tartufo nero invernale di Norcia.
Ecco che la Mariconda ha cambiato forma, trasmutandosi in udon, mentre nell’anima resta fedele alla sua italianità. Un impegno, quello di Boer, che in un forte richiamo alla tradizione coglie non un limite, ma un vero e proprio propulsore all’estro creativo. Un contributo prezioso e virtuoso, il suo e quello di altri grandi chef, che traghettando i piatti storici più umili nell’alta gastronomia del presente, reinterpretano e valorizzano certe tradizioni che in sé celano la chiave di lettura della cucina del futuro. A colpi di gusto, memoria, ricordi.
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