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Riccardo Andreoli: la “voglia” di un hamburger

I segreti e i racconti di Riccardo Andreoli del Ristorante Duomo di Ciccio Sultano.

Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo.

Oggi ne parliamo con Riccardo Andreoli, Restaurant Manager del Ristorante Duomo di Ciccio Sultano.

Caro Riccardo, come hai iniziato questa professione e perché?
Riccardo Andreoli: La passione per il cibo in primis e per il mondo dell’hotellerie mi hanno sempre affascinato, e la naturale conseguenza è stata quella di iscrivermi all’Istituto professionale per i servizi alberghieri di Verona nel lontano 1998. Da lì, a seguito delle prime esperienze (anche grazie alla scuola) sia in sala che in cucina, ho fatto la scelta di seguire le orme della sala, il diploma, le stagioni a Verona e infine la decisione a 20 anni di partire per Roma, una città che mi ha sempre affascinato, e dove ho desiderato per tanto tempo di vivere.

La mia prima esperienza è stata al ristorante in Viale Parioli, una ristorazione classica, il Sig. Italo Santucci, il “principale” trascorreva le mattinate a spiegare a noi di sala i segreti per una buona gestione del ristorante, dal pulire l’argenteria, al come “capare”, come si dice a Roma i carciofi – in sala erano i camerieri che si occupavano della pulizia delle verdure, di tutte le verdure, una cosa nuova per me.

L’esperienza da Heinz Beck a La Pergola giunge dopo qualche mese dal mio arrivo a Roma, e subito si apre un mondo nuovo: da novembre 2007 la Pergola è stata la mia casa per 12 anni, lavorare al fianco di Umberto Giraudo, Simone Pinoli e Marco Reitano, capitanati da Heinz Beck è stato motivo di orgoglio.

Rapportarsi con la brigata, la soddisfazione dell’ospite, la gestione delle lamentele, la comunicazione tra sala e cucina, l’obiettivo comune di gestire alla perfezione ogni minimo dettaglio, sono tutti requisiti che mi danno oggi l’opportunità di dirigere una delle sale più importanti in Italia, il Duomo di Ciccio Sultano.

Riccardo Andreoli

Il tuo bilancio di questi 20 anni di carriera qual è?
Riccardo Andreoli: La passione è sempre la stessa. Oggi le mie mansioni, grazie a Ciccio Sultano ed al ruolo che mi ha affidato, sono sicuramente diverse rispetto a prima: siamo in un confronto quotidiano nella gestione del ristorante che non si sviluppa solamente durante il servizio, il momento più bello della giornata, ma ha una visione a 360 gradi del ristorante, dalle prenotazioni all’incontro con un rappresentante, dall’appuntamento con un fornitore alla gestione dei numeri, dal rapporto con la brigata alla spiegazione e confronto di piatti nuovi con il personale.

Essere uno dei suoi bracci destri è motivo di orgoglio, e avermi affidato la gestione del ristorante è un punto di partenza e uno stimolo per fare sempre meglio.

Oggi più che mai l’aspetto fondamentale che condivido con lo Chef è sapere che i nostri ragazzi, sala e cucina, sono sereni all’interno del ristorante, e cerchiamo di aiutarli e di essere presenti anche al di fuori del ristorante per inserirli al meglio nella nostra struttura. Sono concentrato sulla qualità di vita nel ristorante e credo che, in generale, si può raggiungere un obiettivo del genere soprattutto se l’ambiente in cui viviamo è un ambiente positivo. Trascorriamo tra queste mura la maggior parte del nostro tempo e non può essere diversamente.

La casa infine ha un valore fondamentale per il bene dei nostri ospiti, se a casa si vive in maniera serena, se si ha il tempo di condividere passioni al di fuori dal lavoro, si ha la forza e l’entusiasmo per dare il meglio per i nostri ospiti: la vera forza per fare bene viene da se stessi ma anche dalla serenità data dalla famiglia e dall’ambiente che ci circonda.

Hai degli aneddoti, curiosità, episodi che ti piacerebbe condividere con noi?
Qualche anno fa una donna in dolce attesa ha avuto la voglia immediata di un hamburger con le patatine. Di fretta e furia in sala e cucina abbiamo gestito questa richiesta accontentando la signora che ha degustato il suo pasto “fuori luogo”.

Una volta, abbiamo avuto un bambino che proprio non voleva mangiare nulla, al quale alla fine abbiamo proposto una pizza e un ragazzo di sala prontamente ha esaudito la richiesta del piccolo che ha finito col mangiare la pizza ai nostri tavoli. C’è stato poi l’ospite americano che proprio non voleva lasciare la Sicilia senza aver mangiato un’insalata di pomodori e lo Chef ha esaudito il suo desiderio preparando l’insalata di pomodori più buona che avesse mai assaggiato.

In qualche modo presunte o veritiere intolleranze sono sempre il capriccio più frequente da soddisfare, da chi è vegetariano tutto l’anno ma non in vacanza, a chi proprio non sopporta i piatti neri e vuole essere servito solo con porcellana di colore bianco. Ci sono anche gli aneddoti che non si possono raccontare.

Adesso ti chiediamo un ricordo… il ricordo di un grande uomo o una grande donna di sala che ti ha impressionato, nel tuo lungo girovagare per ristoranti, e perché ti ha impressionato.
Riccardo Andreoli: Premetto che non voglio mettere in secondo piano i maestri di sala italiani, assolutamente.

Devo dire di aver avuto la fortuna e il tempo di poter visitare diversi ristoranti in giro per il mondo, ed ho uno speciale ricordo di un grandissimo uomo di sala, al ristorante di Paul Bocuse a Lione, diversi riconoscimenti come miglior maître del mondo, Monsieur Francois Pipala, direttore del ristorante per ben 35 anni, ora in pensione. La maestria con cui ha gestito al tavolo il “Poularde de Bresse en vessie”, pollo in vescica, piatto storico di Paul Bocuse, è stata memorabile.

La domanda più curiosa, pertinente e intrigante che ti ha fatto un cliente? E cosa hai risposto?
Riccardo Andreoli: Più che domande, qualsiasi ospite riesce con un complimento o anche ahimè con una lamentela ad aprire nuove visioni, nuovi punti di vista, nuove aspettative: il confronto con l’ospite è sempre positivo se gestito da parte di entrambi in modo intelligente. E poi c’è sempre la solita domanda… Cosa ci fa un veronese in Sicilia? Sono qui per amore, l’amore per la Sicilia, il posto più bello del mondo.

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