Nel loro momento aurorale, gli accadimenti sono forze che si intersecano tra loro generando personaggi e avanguardie. La storia di Ezio e Renata Santin, e il posto che meritatamente occupano nella genealogia gastronomica italiana, è una di queste forze.
Ezio Santin è un torrefattore affermato con la passione per la cucina. Tuttavia, non pensa di fare lo chef, non gli interessa. Ma è l’amicizia con Franco Colombani, patron de il Sole di Meleo e affabulatore di un’intera generazione di cuochi, a instillare nella coppia la possibilità che la ristorazione sia la strada maestra da proseguire. Renata Santin convince il marito ad acquistare una villa poco fuori Milano, a Lugagnano. Ezio studia, setaccia i ristoranti in lungo e in largo istruendosi da autodidatta e non si ferma.
Ezio e Renata Santin volano in Francia per apprendere i cardini della cucina d’ élite: come preparala e come servirla. Nel 1976 aprono l’Antica Osteria del Ponte a Cassinetta. Da qui in poi l’alta cucina francese perde la sua egemonia diventando anche italiana. In quegli anni ’80 così grassi e grossi, l’ingrediente sviscerato fino all’anima diventa l’opportunità per innescare un potente atto creativo. Sul binario parallelo, viaggia l’amico-rivale Gualtiero Marchesi, che la critica dipinge come acerrimo antagonista, ma in cui l’inossidabile coppia gastronomica Santin vede un supporto.
Le sferzati penne della critica non tardano ad arrivare insieme a commosse pacche sulla spalla d’Oltralpe. L’Espresso attribuisce a Ezio e Renata Santin due cappelli e giungono i giganti Raspelli e Veronesi a imporre il sigillo di autorialità gastronomica sulla Cassinetta. Il sistema ristorativo collaudato da Ezio e Renata Santin, fa da perno a quello adottato dalla successiva classe di cucinieri, tra le sue fila anche il premiatissimo Umberto Bombana. Ezio Santin fu un battitore libero scevro da diktat e dottrine gastronomiche. In lui la passione per sapori orientali, ricerca, l’intuizione che l’ingrediente ignoto si fa occasione.
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